In una bolla di del Papa Gregorio IX del 21 agosto 1227 si elencano 8 chiese siciliane soggette al vescovo di Bethlem. Fra queste vi è anche la chiesa si S. Maria di Terrana. E’ la prima citazione in un documento, ma sicuramente la sua origine è molto anteriore al 1227. Nel diploma del luglio 1197 dell’imperatore svevo Enrico VI, che precisa i confini dei tenimenti di Fetanasimo, si incontra per ben 4 volte la denominazione Terrana. In detta località doveva esserci un grosso abitato o casale dove doveva trovar posto anche una chiesa dedicata alla Madonna , detta S. Maria di Terrana.
Probabilmente fu in epoca normanna, anteriormente all’anno 1160, che la chiesa, il casale e le sue pertinenze, divennero possedimenti del vescovo di Bethlem. Potrebbe essere stata concessa da dal padre di Guglielmo il Malo, re Ruggiero, o addirittura dal padre di quest’ultimo, il Conte Ruggiero,al tempo delle prime crociate. Non è da escludere che sia stata una concessione della contessa Adelasia, madre di re Ruggiero, al tempo in cui andò sposa in seconde nozze a Baldovino, re di Gerusalemme.
I primi frati Eremiti che vi abitarono furono ex crociati e i Canonici Regolari di S. Agostino.
I templari potrebbero essere stati quelli che con il consenso dei Normanni e l’aiuto dei cittadini di Caltagirone, diedero inizio alla costruzione dell’eremo. Dicono gli storici che il fondatore fu Ugo de Pyns, che con sette compagni adottò la regola di S. Agostino agli speciali fini militari che il nuovo Ordine si proponeva. Il tempo dell’ erezione del Cenobio (o eremo) si deve cercare, dunque, prima che Baldovino I° Re di Gerusalemme (1101) riunisse a Parlamento tutti i Feudatari e mettesse mano a riordinare i feudi iniziando dalle assisi di Gerusalemme. Fu infatti, in questo periodo, dopo il primo tentativo di Pietro l’eremita (1096) e dopo la prima Crociata (1096-1099) che i primi eremiti di ritorno costruirono l’eremo.
Fra i possedimenti del vescovo di Bethlem, Terrana doveva essere il più vasto ed il più ricco. Esso era ubicato in una fertile, ricca di boschi, di acqua e mulini.
Nel 1490 l’abbazia si trovava abbandonata e bisognosa di interventi, per cui gli amministratori caltagironesi rivolgono al viceré Ferdinando Acugna una supplica per ottenere dei fondi per la manutenzione.
Alla fine del XVI secolo l’abbazia ebbe un periodo di rifioritura per merito dell’abate Nicolò Daneu, il quale mise a disposizione le le rendite dell’abbazia per la creazione del vescovado di Caltagirone. Ma le lungaggine burocratiche, l’opposizione della curia siracusana da cui dipendeva Caltagirone, la morte di Mons. Bonaventura Secusio, sostenitore della nuova diocesi, fecero venir meno questa aspirazione di Caltagirone. Passeranno circa 3 secoli prima che Caltagirone divenisse diocesi.
Oggi a Terrana tutto ha il sapore di sacro: non solo la chiesa (l’interno della quale conserva ancora bellissimi affreschi e le rifiniture della sala maggiore posto nell’abside), ma anche le finestre , i dormitori dove i monaci trovano riposo per il corpo e per lo spirito.
Nell’ atrio dell’edificio lasciato da per secoli inalterato ma ben curato, si ammira subito il bel portale di stile romanico con fregi su pietra. Con questo stile, viene costruita la Chiesina di S. Maria di Terrana. Oltre il portale si ammira la scalinata adattata e rifatta nel 1928. Tuttavia la facciata intera è incompleta. All’interno le quattro arcate che sostengono il soffitto sono resti dell’antica Chiesa. Il soffitto è stato rifatto da qualche decennio con travi e tavole coperti da “canali” in terracotta tipo “coppi siciliani”. Considerata la conformazione dell’aula dovevano esserci due altari laterali ormai inesistenti, vi si trovano però due affreschi dove sono raffigurati S. Nicola da Tolentino tra S. Benedetto e S. Francesco e S. Maria di Bethlem in trono che allatta il Bambino Gesù tra S. Giovanni e un’ Angelo. S. Nicola da Tolentino è raffigurato con tre corone (rappresenta i voti di Povertà, Castità e Obbedienza) al di sopra della consueta aureola: una dorata, una di colore bianco e una abbrunata. Tiene nella mano destra un Crocifisso e nella sinistra un libro con la scritta “ NICOLAUS VERUS CHRISTI PAUPER, VIRGO A DEO ELECTUS, OBOEDENTIAN IUGITER SERVANS EREDITARUM ORDINEM SIGNIS ET VIRTUDIBUS DECORAVIT”
Questi affreschi sono la documentazione sicura e più importante rimasta dell’Abbazia
All’interno troviamo lo stemma di uno dei Priori, riprodotto e scolpito in legno in due posti. Vi si vede un cappello Vescovile, senza Mitra e senza Pastorale. Oltre l’ultima arcata che serve da quarto sostegno per i muri perimetrali, si trova un’altra arcata, proprio all’interno dell’abside che termina con la volta. Altre testimonianze dell’antichità del Cenobio si riscontrano su due cornici che ornano due finestre. La prima è posta all’ingresso laterale sinistro di stile tardo romanico. Ma la particolarità storica si colloca nella croce che sovrasta cuspide della finestra dove si trova scolpito la Croce dei Cavalieri di Malta, indizio del passaggio sicuro, per quel Cenobio degli eremiti delle Crociate. L’altro documento è dato dalla finestra collocata sul lato opposto del muro perimetrale. Lo stile non è il romanico monumentale, è incorniciata da pietra di tufo rossastra e squadrata che non ha niente di simile alle altre due finestre con la Croce degli eremiti.
Altri residui dell’antica costruzione sono le celle dei monaci, l’abitazione temporanea dell’Abate, il posto di lavoro dei monaci, la cucina, la dispensa, il frantoio. Il mulino era collocato presso il fiume.
L’Abbazia di Terrana era molto ricca e desiderata da tanti Abati o aspiranti tali. Lungo i secoli la vita dell’Abbazia si è consolidata e, mentre nel Regno di Sicilia i sovrani regnavano e facevano vivere i cittadini procurando loro quel benessere che il tempo e lo sviluppo sociale permetteva, anche nell’Abbazia i religiosi esercitavano e rispondevano alla loro vocazione con la vita consacrata a Dio e a servizio dell’uomo. Per poter capire come la vita del Monastero trascorresse è significativa la relazione dei Visitatori regi che periodicamente arrivavano a S. Maria di Terrana. Il visitatore regio era un funzionario del Re che veniva a riscuotere le rendite dell’Abbazia spettante al Re. Trattandosi di una comunità monastica il Re inviava un religioso-funzionario che doveva conoscere bene la vita religiosa; dare suggerimenti sulla osservanza della Regola all’interno dell’Abbazia; correggere gli abusi, stabilire i mutamenti di persone, assegnare la quota di Onze per ogni componente la comunità, e per la fabbrica della Chiesa, per il culto divino, le rendite da mandare al vescovo di Bethlem, all’Abate (o al Priore).
Nell’ Ottobre del 1791 l’Abate Airoldi concesse tutto il feudo di Terrana per un canone di Onze 1547 venivano esclusi in questo atto i censi e le Grance che l’ Abbazia possedeva in altre città e comuni della Sicilia, come anche di nominare gli Abati.